VOLEVO NASCONDERMI di GIORGIO DIRITTI
VOLEVO NASCONDERMI: Alcune considerazioni
Credo che un regista, quando s’accinge a realizzare un film su un personaggio storico, sappia la responsabilità che si assume. La ricerca storica, le testimonianze dirette quando possibile e, alla fine, la decisione, questa veramente decisiva, di come rappresentarlo agli spettatori contemporanei, ma soprattutto ai posteri…per” l’ardua sentenza”. Perché la “fiction” alla fine diventerà verità storica. Penso subito allo “Spartacus” di Stanley Kubrick ieri e, oggi, a “Volevo Nascondermi” di Giorgio Diritti.
Credo che in questo film il regista voglia raccontarci la vita di un uomo esiliato, emarginato ed umiliato che sopravvive grazie al “Mondo Piccolo” che l’accoglie (nel film rappresentato soprattutto dalla famiglia Mazzacurati) e che trova nell’arte il suo riscatto.
Il regista Giorgio Diritti al centro della foto con Marzio Dall'Acqua (a dex) e Giuseppe Caleffi durante lapresentazione del quadro "ritratto di Elba"
Non a caso il film inizia con l’internamento in manicomio, con il ritratto di Mussolini che sovrasta la stanza, ma con efficacia “rimbalza” alla sua Svizzera, a ricordarci che l’emarginazione può accomunare le peggiori dittature alle migliori democrazie! Io ho spesso paragonato Ligabue ai “cavalieri erranti” di Addio Lugano bella, perché anche per lui la Svizzera cesserà di essere “…dolce terra pia”. Emarginazione che, con modalità diverse, proseguirà anche nella fase del successo. Se sei matto, lo sei tutta la vita! Significative le scene del pranzo in trattoria o il rapporto con Cesarina e la madre. Come allora Ligabue esce vincitore dal suo essere “matto”? Cos’è che lo realizza e l’ingigantisce? L’ARTE. E qui la scelta di Giorgio Diritti è netta, il messaggio artistico di Ligabue è racchiuso nella vicenda e nel quadro di ELBA, la bambina dal vestitino rosso.
In quel dipinto ci sono infatti tutti gli interrogativi (leopardiani) sulla vita che Ligabue ci e si pone. Quelle scene varrebbero da sole la visione del film!! Senza trascurare, beninteso, i primi piani finalidei dipinti che servono per trasmetterci la “forza” dei suoi colori. Posso quindi dire che come “Spartacus” alza la sua spada e il suo verbum contro tutte le oppressioni uscendo così dal momento storico in cui vive, così Ligabue attraverso gli occhi di Elba urla la sua rabbia contro questa natura matrigna e ingannevole che obbliga tutti gli esseri viventi a questa continua lotta per la sopravvivenza. Divenendo eterno. Ho tralasciato qui un giudizio estetico sul film, perché avrei rischiato di scendere nella retorica, parlano i riconoscimenti ricevuti; capisco poi che bisognerebbe scendere nei particolari, perché ogni scena è significativa dell’artista (arguzia, sensibilità, arte di arrangiarsi…), ma di questo, con chi vorrà, tratterò alla Casa-Museo
Alla Casa Museo vi racconterò in modo compiuto l'intreccio di vita fra Antonio Ligabue, la mia famiglia e lo zio Ugo Sassi
Lo zio materno Sassi Ugo (a six nella foto) è interpretato in questo film dall'attore Maurizio Pagliari in arte Duilio Pizzocchi